Al giorno d’oggi i cambiamenti climatici stanno viaggiando molto velocemente ma sia le istituzioni che le classi politiche non riescono ad agire altrettanto in fretta. In questo particolare scenario è il settore privato, piuttosto che quello pubblico, ad intraprendere le iniziative più innovative, tanto che una buona parte dell’imprenditoria si impegna a dare il suo contributo facendo della sostenibilità il suo business. Grazie alla collaborazione con il Rodale Institute, la società Davines Group è stata una tra le prime compagnie ad insistere maggiormente sul concetto di sostenibilità creando, nel settore dell’agricoltura biologica rigenerativa, il primo centro europeo per la ricerca.
Chi è il Rodale Institute
Fondata nel 1947 in Pennsylvania, il Rodale Institute è un’associazione no profit che grazie alla ricerca, alla formazione degli agricoltori e alla forte sensibilizzazione dei consumatori sta aprendo la strada al metodo di agricoltura biologico rigenerativo. Grazie alla nuova partnership con il gruppo Davines è stato costruito il primo centro di ricerca di studi Rodale Institute fuori dagli Stati Uniti. Il suo fondatore, Jerome Irving Rodale, da molti non era definito soltanto un agronomo, ma un vero e proprio visionario. Questo perché credeva si potesse coltivare il suolo, senza l’utilizzo di prodotti chimici, producendo allo stesso modo frutta e verdura. “Un terreno in salute significa cibo in salute e anche persone in salute”: questo era il suo motto.
I vantaggi di questo metodo di coltivazione
Unendo le tecniche comuni dell’agricoltura organica alle nuove tecnologie, è possibile avere degli ottimi risultati sia in termini di bontà del prodotto che della qualità. Si parla, molto spesso, di carbon sequestration quando infatti viene citata l’agricoltura rigenerativa. Attraverso il processo di fotosintesi, infatti, tutte le piante sfruttano l’energia solare per assorbire l’anidride carbonica trasformandola in biomassa e zuccheri. Grazie all’agricoltura rigenerativa è possibile fissare nel suolo l’anidride carbonica, che di fatto viene “sequestrata” dall’atmosfera. Con questo metodo, oltre a salvaguardare l’ambiente diminuendo l’emissione di CO2, fa altrettanto bene anche al suolo in quanto riesce ad assorbire un quantitativo maggiore di nutrienti. Ovviamente in fase di coltivazione vengono prodotte emissioni ma grazie a delle tecniche, le stesse verranno poi “catturate” nuovamente nel terreno, rimanendo sempre molto vicini alla neutralità da un punto di vista delle carbon footprint. Questo processo è possibile attraverso l’utilizzo della biomassa che non si trasforma in raccolto e che verrà utilizzata come nutrimento per il terreno. Le tecniche utilizzate per l’agricoltura rigenerativa, inoltre, fanno in modo che la biomassa venga mangiata, digerita ed il carbonio fissato nel terreno, attraverso un sistema integrato tra radici e batteri, un procedimento indispensabile per arrivare al risultato finale della carbon sequestration.