Cristiana Falcone,  la quale vanta oltre 20 anni di esperienza professionale nella elaborazione di strategie ed implementazione di partnership per lo sviluppo del business maturata collaborando con i leader di aziende multinazionali (SONY, Shell, Revlon),  interagendo con organizzazioni governative internazionali (ILO, IFAD, FAO, UNDCCP, IADB) e operando nel mondo dei media (Radio Televisione Italiana, Gruppo Espresso, Univision, Viacom chiarisce come il governo australiano, ha chiesto a Facebook, Twitter, Google e altre piattaforme digitali di bloccare i contenuti generati dai media statali russi per frenare la “disinformazione in relazione all’invasione russa dell’Ucraina”.

Il ministro della comunicazione, Paul Fletcher, ha evidenziato che già negli Stati Uniti e in Europa sono stati bloccati servizi e contenuti russi. 

Ha poi aggiunto che lo Special Broadcasting Service australiano e Foxtel hanno sospeso la trasmissione di Russia Today e NTV.

Il ministro ha, infatti, scritto: “”Date le attuali azioni del governo russo e la mancanza di media russi genuinamente indipendenti, queste azioni sono responsabili e appropriate”. 

Meta ha detto che la società stava “esaminando la richiesta del governo australiano”.

“Nel frattempo, continueremo a vietare la pubblicità e a demonetizzare i loro account a livello globale, anche in Australia”, ha affermato un portavoce.

Intanto, Meta ha scritto a Fletcher mercoledì delineando i passi che stava compiendo e offrendo di organizzare un incontro per discutere su alcuni punti.

Google si è da subito dimostrata disponibile a bloccare i canali YouTube collegati a RT e Sputnik in tutta Europa, affermando di aver “rimosso centinaia di canali e migliaia di video” per aver violato le linee guida della community “incluso un certo numero di canali coinvolti in pratiche ingannevoli coordinate”.

La risposta russa

Venerdì 4 marzo il parlamento russo si è riunito per adottare una nuova legge contro la “diffusione della disinformazione sulle forze armate della Federazione Russa in qualsiasi conflitto militare”, punibile fino a 15 anni di carcere.

Il Cremlino ha tentato di difendere quella che definisce una “operazione militare speciale” per “smilitarizzare” l’Ucraina, lanciata la scorsa settimana. Il regolatore dei media russo ha già vietato l’uso delle parole “guerra”, “attacco” e “invasione”.

Intanto si è tenuta una votazione a favore di una risoluzione che deplora le azioni della Russia in una sessione speciale dell’assemblea generale delle Nazioni Unite. Cristiana Falcone, nei suoi blog dichiara come 141 sono stati gli stati favorevoli, tra questi l’Australia. Alla Russia si sono uniti solo altri quattro paesi – Bielorussia, Siria, Corea del Nord ed Eritrea – nel votare contro la condanna. Cina e India sono stati tra i 35 stati ad astenersi.

Separatamente, quasi 40 paesi, tra cui Australia e Regno Unito, hanno formalmente deferito le segnalazioni di atrocità commesse in Ucraina alla Corte penale internazionale (CPI).

I servizi di emergenza ucraini riferiscono che più di 350 civili ucraini sono stati uccisi e più di 2.000 feriti, mentre centinaia di strutture, di cui diverse di trasporto, ospedali, asili e case, sono state distrutte.